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Esperienza di tirocinio in Ageop – “Una passione contagiosa” di Alice Bellandi

Esperienza di tirocinio in Ageop – “Una passione contagiosa” di Alice Bellandi

Sono entrata in contatto con AGEOP tramite le offerte di tirocinio curricolare suggerite dall’università. Volendo lavorare nel campo della comunicazione e promozione, dell’ organizzazione di eventi e ufficio stampa cercavo una realtà che mi potesse offrire queste esperienze. […] Presa dal troppo entusiasmo non andai prima a vedere di cosa si occupava e dove operava nello specifico l’associazione. Quando approfondii fu un duro colpo. La tematica era molto forte, troppo per me per il momento che stavo passando.

Un anno fa mia madre si ammalò. In seguito ad un’operazione per un’emorragia cerebrale causata da quella che sembrava una piccola massa da togliere le trovarono invece un tumore maligno molto aggressivo. Mi dissero che le restavano pochi giorni. Riuscì a lottare per 3 mesi. Mesi vissuti tra tante ricadute, momenti terribili, ma anche tanti momenti belli in cui passavamo ore a parlare di qualsiasi cosa, nei quali cercavo di raccogliere e tenere stretto qualsiasi ricordo, momento, sguardo […]

Per questo motivo ebbi dei ripensamenti sulla mia scelta di affrontare il tirocinio in Ageop. Mi chiedevo se fossi pronta ad affrontare i luoghi, le parole, gli sguardi e il dolore che ancora stavo cercando di superare. Decisi comunque di fare il colloquio[…] Giada cominciò a parlarmi di quello di cui si occupava l’associazione, del nuovo progetto che volevano creare, di programmi futuri e passati, di persone e delle loro storie[…] Io avevo una gran voglia di mettermi alla prova, e in questo tirocinio riuscivo a vederne l’opportunità. Uscita dall’ufficio non ebbi dubbi: dovevo farmi forza ed accettare!

Le prime settimane furono difficili. Ogni singolo giorno penso alla mia mamma, ma quando entravo in reparto non pensavo più a lei ma alla sua malattia. Ma, proprio come lei mi aveva insegnato, mi feci forza ed andai avanti. E in men che non si dica avevo già preso il ritmo dell’ufficio, facevo già parte dello staff e riuscivo ad organizzare le mie giornate lavorative da sola. Non ho passato mai un secondo sentendomi esclusa in quanto ultima arrivata. Vedere come credevano in me, come mi lasciavano lavorare con la mia testa, senza osservarmi ogni singolo minuto fu cruciale. Non era un lasciarmi fare spinto dal menefreghismo, ma dalla fiducia. In mezzo a tanti lavori dove venivo trattata come se in ogni singolo secondo stessi sbagliando, dove dovevo ricevere sempre l’approvazione prima di andare avanti, sapere di poter credere in me stessa, in quello che facevo diede una grande scossa alla mia vita. Soprattutto da quando avevo perso la mia guida e al tempo stesso la persona che credeva in me più di tutti.

Il mio tirocinio in Ageop mi ha aiutata non solo a far uscire questa grande forza che avevo in me, ma anche a guardare la malattia da un punto di vista diverso. Dopo una complicanza mia madre si ritrovo paralizzata per tutto un lato del corpo. Chiese più e più volte di poter fare fisioterapia, ma di lei vedevano solo la fine, quindi attraverso mille scuse le fu negata. Ma la bellissima testardaggine di mia madre la portò ad esercitarsi da sola, le portammo una pallina di gomma che poteva stringere con la mano e l’aiutavamo a muovere la gamba. Fino a che un giorno entrai nella sua camera e, a grande sorpresa riuscì ad alzarsi da sola. La sua determinazione era impareggiabile, ma io provavo una grande rabbia per come ci abbandonarono. Crebbe in me un forte cinismo, non potevo credere che in momenti come questo nessuno volesse aiutarci.

Lavorare in Ageop mi ha fatta ricredere. Ho visto la passione che tutto lo staff, che tutti i volontari mettono ogni giorno nell’aiuto non solo al bambino che lotta, ma anche alle famiglie, grazie ad iniziative, corsi, accoglienza e tanto altro ancora. Ho cominciato a vedere la malattia come un’opportunità di crescita e di cambiamento. Vedere tanti bambini che, nonostante tutto, riescono a giocare e a sorridere come ogni loro coetaneo. Famiglie che, nonostante le loro preoccupazioni, sanno di poter avere un punto di riferimento costante[…] Concludo dicendo che questi mesi, mesi in cui abbiamo lavorato per organizzare l’evento #LOTTOANCH’IO dell’8 febbraio in piazza maggiore, non sono stati una passeggiata. Si è lavorato molto, ci sono state parecchie difficoltà, che appaiono nulla rispetto alle soddisfazioni. È stato raggiunto e superato l’obiettivo prestabilito. Ho avuto la possibilità di conoscere tante personalità, ho visto quante persone vogliono aiutare, e questo ti fa sorridere tanto, ogni giorno[…] Come non poter dire #LOTTOANCH’IO!